Giorgio Colli
Per una encliclopedia di autori classici
Quando, nel 1958, apparvero i primi titoli della Enciclopedia di
autori classici, collana diretta da Giorgio Colli presso l’editore
Boringhieri, ogni lettore intelligente si accorse che si trattava di
un’impresa del tutto estranea a ciò che la circondava – ed era, per lo
più, una cultura che oscillava fra Lukàcs e Gramsci. Per Colli, ciò che
allora dominava era secondario e superfluo; mentre essenziale era ciò
che allora appariva bandito. Anche se oggi può sembrare inverosimile,
occorre ricordare che fra i nomi sospetti vi erano quelli di
Nietzsche e di
Schopenhauer.
Ora, gli «autori classici», per Colli, erano innanzitutto gli stessi
Nietzsche e Schopenhauer – e poi gli autori che essi avevano più letto e
meditato: perciò i Greci, ma anche i grandi anonimi del pensiero
indiano, e fra i moderni
Machiavelli e
Stendhal, Chamfort e
Burckhardt,
Spinoza
e Pascal, scrittori che Colli voleva tornare a presentare senza
mediazioni neutralizzanti. Cominciò così ad articolarsi (giungendo poi a
ben novanta titoli in nove anni) una collana memorabile, che costruiva
pezzo per pezzo un modello di cultura. Le brevi prefazioni non firmate
di Colli ai volumi che gli erano più cari, qui per la prima volta
raccolte, permettono di percepire con nettezza le linee di quella
costruzione. Come i suoi frammenti postumi, pubblicati nella
Ragione errabonda,
testimoniano nella loro esuberante ricchezza la costanza e la coerenza
della ricerca più segreta di Colli, così questi testi per la
Enciclopedia di autori classici rivelano la stessa imponente compattezza
nella sua faccia pubblica, nell’azione visibile che gli era più affine –
e fu sempre, per acuta intuizione, editoriale piuttosto che
universitaria.