lunedì 9 gennaio 2012

Album di un secolo

Cos’hanno in comune, oggi, il socialista Jack London, il poeta libertario García Lorca, la bandiera degli omosessuali Maria Callas, l’ex trotzkista Simone Weil e l’ubriacone Charles Bukowski? Una domanda alla quale è possibile dar risposta sfogliando un giornalino vecchio di sessant’anni, dal titolo significativo «Giovinezza!» (con un punto esclamativo ben evidente). Un giornalino in ciclostile fondato nel gennaio del 1949 da un gruppo di camerati (allora si chiamavamo così, e in parte ancora adesso), che reggevano sulle spalle l’esperienza di un conflitto, per loro, non ancora concluso. Erano giovani e giovanissimi che odiavano quel mondo moderno che aveva condotto i “nemici della patria” alla vittoria, credevano alla perfida realtà dei complotti e sognavano di incarnare un bene sconfitto dalle armi e dalla sorte; la stessa sorte che avrebbe condotto, non si sa come o a quale ora del giorno, una sparuta minoranza di “cavalieri” a una rinascenza vuota di macchine e sovrastrutture, senza classi, né operaia né borghese, piena di fede, amicizia e valori.
Oggi, quel mondo di sessant’anni fa non esiste più. Quel mondo per il quale uomini e donne patirono fame e stenti e piansero la morte dei loro cari è una stagione da consegnare alla memoria dei libri e ai racconti degli anziani. La guerra, insomma, quella guerra, è finita da un pezzo.
Al tempo, i giovani di «Giovinezza!» leggevano Ernst von Salomon, Louis-Ferdinand Céline, Maurice Bardèche e René Guénon. Il loro maestro si chiamava Julius Evola. La mia generazione – quella dei quarantacinquenni e dei cinquantenni – invece, ha avuto in dono gli autori maledetti provenienti dall’altra parte dell’Oceano, dalla patria degli ex “nemici”, il rinnovamento dell’arte in direzione pop, i pubblici furori contro questo o quel divetto e infine bandiere e supereroi di carta quasi del tutto sconosciuti ai figli della guerra. E di tutto questo, e di molto altro ancora, è figlia la mia parte politica: quella delle divisioni quasi del tutto risanate, dello svago di massa e delle “divinità” scese in terra. La generazione di papa Wojtyla e di Pablito Rossi, eroi separati da mille barriere ideali, ma uniti dal comune consenso popolare. La generazione che parte dai Settanta, dal cuore di un altro tempo di guerra, e corre verso le avventure dei propri anni, lasciandosi alle spalle il pregiudizio, l’odio e il rancore. La generazione che ha smesso la divisa da soldato; quindi, ha sotterrato dagli Ottanta in poi l’ascia di guerra.

5 commenti:

ilmillka ha detto...

"Buongiorno,

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Roberta ha detto...

Mi sembra un libro molto interessante ma, non so per chè, non deve essere per niente facile di leggere, giusto? grazie per la segnalazione.
Roby di cessione del quinto

Castells ha detto...

Ciao!

mi è piaciuto quello che ho letto, e forse se ti piace la musica indie puoi vedere il mio (è appena aperto :S)

www.indiefferenzia.blogspot.com

grazie, e continua a scrivere

Admin ha detto...

Salve, vorrei segnalarvi il libro di mio nonno da poco in vendita. Dove racconta la sua esperienza da ufficiale dell'esercito italiano nella seconda guerra mondiale e la prigionia da internato militare nei lager nazisti. Per maggiori informazioni vi rimando al sito www.diariodiguerra.com . Fatemi sapere cosa ne pensate. Con l'occasione vi auguro un buon lavoro. Saluti.

Matteo

Giovanni Parrotta ha detto...

vi andrebbe di recensire "meglio morto che precario" http://www.store.rubbettinoeditore.it/meglio-morto-che-precario.html